Buco di Bilancio, il centrodestra cancella il futuro di una Regione in default

Quanti altri danni sta mettendo in atto la Giunta regionale in questi ultimi mesi di una Legislatura già ingloriosa, per non dire indecente? Quanti altri errori macroscopici sta compiendo l’esecutivo di centrodestra in materia di programmazione economica? Decisamente tutti quelli possibili e molti dei quali, nemmeno nella più drammatica ipotesi, immaginabili.


Ne cito solo gli ultimi in ordine di gravità.


La Giunta regionale se da un lato (con la DdG n.61 dell’8/03/2023) definanzia la tratta ferroviaria Termoli-Larino, appropriandosi indebitamente di competenze proprie del Consiglio sugli atti di programmazione e approvando poi un Defr (Documento di Economia e Finanza Regionale 2023-2025) che parla di obiettivi di crescita immaginifici, dall’altro arriva addirittura ad impegnare fondi che non ci sono.
Lo fa con la Delibera di Giunta 88 del 28 marzo, nella quale si dice apertamente che il buco di bilancio nelle casse regionali che abbiamo sempre denunciato sarà coperto con le cosiddette risorse addizionali, ovvero quelle che dovrebbero, invece, essere destinate agli investimenti e non alla spesa corrente.
Peccato che parliamo di fondi che al momento non ci sono.


Cosa fa allora il centrodestra? Inventa e iscrive una posta in entrata ipotetica. Una posta che non esiste e vincolata in un capitolo di spesa a copertura del disavanzo.
È tutto fittizio ed aberrante.


La posta in entrata non c’è, la copertura non c’è ed il paradosso è che lo ammette pure chi ha fatto l’atto!
Un atto che rimanda tutto a chi verrà dopo, dato che se votato in Consiglio regionale non potrà che essere impugnato dal Governo che a quel punto dovrà dire il da farsi. Ecco allora il vero disegno di una fantasia contabile ascrivibile a un agire politico alla Ponzio Pilato.


Tecnicamente, a copertura dei debiti, la Giunta va fare ricorso al Fondo Sviluppo e Coesione – FSC – che allo stato attuale non solo il Governo non ha autorizzato per saldare il disavanzo, ma anche se ciò dovesse accadere sarebbe un fatto gravissimo dato che, per coprire il buco milionario, il Molise dovrebbe rinunciare alla spesa per gli investimenti. Strade, imprese e, quindi occupazione resteranno senza portafogli.


Insomma, con un colpo di mano si cancella il futuro di un Molise in bancarotta. Un Molise dove ricordo non possono essere impegnate nemmeno altre risorse dei programmi europei – i famosi POR FESR o FSE- in mancanza della previsione di un cofinanziamento regionale dal Bilancio regionale che ne blocca l’attivazione. Parliamo di cifre ingenti: un miliardo e mezzo di euro nel settennio. Tutti fondi a cui ora andranno anche sottratte cifre milionarie per coprire il buco nei conti della Regione.


Un buco che tra l’altro, come la stessa DdG 88 al primo punto lettera C evidenzia, potrebbe essere ancora più sostanzioso, dato che si parla di “ulteriore disavanzo” che con certezza potrà essere stabilito in via definitiva solo dopo il rendiconto generale 2022 in sede di assestamento di bilancio 2023-2025.
Il centrodestra mette cioè nero su bianco vere e proprie magie contabili di un esperto dei conti che impegna risorse che non ha e che non sa nemmeno in che misura ne è privo.


Siamo all’assurdo, soprattutto se si pensa a come di tutto questo non ci sia traccia nel Defr adottato con la Delibera numero 68 del 17 marzo 2023. Un documento “farlocco” e vuoto che, invece, avrebbe dovuto dire l’unica cosa di cui al momento abbiamo contezza: la Regione è diventata come quelle imprese sulla via del fallimento dove si rinuncia agli investimenti per coprire i debiti, prima di staccare definitivamente la spina.


E la gravità di tutto questo aumenta a dismisura se si pensa a come il presidente Toma, in sede di Conferenza delle Regioni, abbia votato favorevolmente un Disegno di Legge su un’autonomia differenziata di stampo secessionista che cancella i diritti dei cittadini molisani, tagliando i finanziamenti per la sanità, i servizi socio-assistenziali, le infrastrutture e la scuola. Un voto convinto, salvo poi un ripensamento tardivo compiuto insieme a Berlusconi per meri motivi e trattative politiche.
Un balletto inglorioso, una farsa di cui bisognerebbe vergognarsi, se non altro perché a pagare le spese di un fallimento conclamato saranno solo e soltanto i molisani.


Un fallimento durato 5 lunghissimi anni e, per fortuna, destinato a finire!

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